martedì 16 agosto 2011

ASSIGNMENT 3 / COLTIVARE LE CONNESSIONI

Essere affetti da BRADIPOSI, come mi piace chiamare la "sindrome della lentezza cronica", non ti rende la vita facile.. specie quando, alla tua di lentezza, si somma quella del pc che s'impalla ogni 3 sillabe che componi.. Attardarsi a commentare il pamphlet del professore poteva essere potenzialmente moooolto rischioso, invece con mia grande sorpresa, ancora adesso, a distanza di 3 mesi e poco più, ho tuttora fissati in mente due concetti, belli nitidi e chiari:
  1. che sono l'incarnazione vivente di quanto più negativo ci possa essere nella "scolarizzazione" della cultura;
  2. che internet è un mezzo favoloso per superare i limiti, di qualsiasi natura essi siano.
In merito al primo punto, non sò ancora se la pressocchè totale approvazione di tutto ciò che ho letto nell'articolo sia indice di elasticità mentale e apertura alla modernità, quindi da valutare in maniera positiva, o piuttosto una completa assenza di senso critico, alternativa questa abbastanza preoccupante.

Non intendo imputare agli insegnanti la colpa di questa situazione, sarebbe troppo comodo; inoltre, ho avuto la fortuna di incontrare nel mio percorso scolastico professori che, alla fine dei conti, erano brava gente sul serio, semplicemente troppo "indaffarati" per avanzare, da soli, un'iniziativa di radicale cambiamento del sistema educativo; ricordiamoci che c'è un programma da seguire, sempre troppo esteso rispetto al tempo a disposizione, orari a cui adeguarsi.

Ci vogliono sensibilità, tanto coraggio e determinazione per affrontare certi cambiamenti, bisogna uscire dagli schemi, ma anche saperlo fare. E non intavolo l'apologia degli insegnanti per arruffianarmi la categoria, ma perchè ritengo si tratti di persone, ognuna con le sue prerogative, le sue capacità e le sue mancanze, punto.


Innegabile tuttavia, è il profondo senso di sfiducia e fatica percepito ogni volta che sono chiamata a svolgere un compito in maniera diversa dal solito; il mio approccio allo studio è impostato in modo talmente rigido, alle volte quasi "rituale",  che per doverlo modificare dovrei forzarmi, ragionando su i pro e i contro cui andrei incontro ribaltando gli schemi, valutando i mezzi a disposizione, il tempo, il materiale..autoconvincermi che il cambiamento sarebbe la soluzione migliore, che ripetere a voce un paragrafo per volta piuttosto che l'intero capitolo (esempio banale) sarebbe la tattica vincente...non è affatto cosa immediata, anzi! Questo meccanismo richiede un dispendio energetico non indifferente; occorre sfruttare risorse che, affidandosi all'abitudine, non si consumerebbero!


Stiamo parlando di limiti; e questo è il tema che fa da ponte al secondo discorso.
 La prima cosa che mi viene da dire, sarò scontata o assurda, fate voi, è che il corpo stesso, in termini spicci, sia di per sè un rallentatore biologico del pensiero: non vi è mai capitato di avere perfettamente delineata nella vostra testa un'idea, un puzzle composto da facce, parole, condizioni di causalità, luoghi fisici o temporali, ricordi ben relazionati tra loro da precise connessioni? ecco, allora non avete provato, al momento di dover impugnare la penna prima del tema, oppure in occasione di un'interrogazione in classe,  tentando di emettere un qualche suono articolato, una sensazione di blocco? Uno scalino da saltare? C'è chi lo affronta in modo rapido, chi meno.
Come non bastasse, esistono molteplici fattori da cui questo ostacolo può essere rafforzato: la timidezza, per elencarne qualcuno, l'isicurezza o la valutazione esterna della proprio aspetto come non propriamente gradevole costituiscono inevitabilmente degli "inibitori" della libertà espressiva, atteggiamenti che possono precluderti occasioni, esperienze emotive e di crescita, vuoi perchè si evita di mettersi in gioco, vuoi perchè sono gli altri ad emarginarti. Dai piccoli difetti, come la balbuzie, attraverso la dislessia, fino agli handicap più gravi, quali per esempio la cecità, tali impedimenti giocano un ruolo purtroppo determinante nella maturazione dell'individuo, della sua abilità comunicativa e, non meno, della sua voglia di esprimersi.




La società contemporanea si fonda sull'assunzione di ruoli precisi da parte di ciascuno; in tale contesto, è evidente e concesso che perfino l'essere maschio o femmina condizioni la tua vita. Se non ci si attiene al "registro comportamentale" assegnatoci diventiamo strani, diversi, fastidiosi "outsider". Siamo costretti in un sistema gerarchico, per lo più immobile.

Beh, internet sta sopra a tutto questo: non solo esula confini fisici e geografici, contingenze e barriere spazio-temporali (puoi contattare chiunque, in qualsiasi posto della terra, a qualsiasi ora del giorno e della notte senza risultare molesto :P) , ma ti offre anche l'opportunità di mostrarti per quello che vali (citazione dal testo):
"non conta chi sei, ma cosa scrivi. Diciamo che il tuo valore si misura su quello che produce la tua testa."
 Non importa quindi che faccia tu abbia..Finalmente un pò di meritocrazia! A proposito, sono rimasta insieme colpita e soddisfatta leggendo la "Dichiarazione di Indipendenza del Cyberspazio", di cui ignoravo l'esistenza :).


Certamente è lecito obiettare: ma quelle amicizie nate in rete possono sostituirsi, o per lo meno paragonarsi, a una relazione a km 0?? Tanti sono scettici, ma è innegabile che, negli ultimi tempi, siano proprio i rapporti di tutti i giorni a inaridirsi.
La discussione sulla qualità delle connessioni intrapresa nel testo da una ex-studentessa , ilariablu, è foriera di riflessioni importanti; dal canto mio, non posso che appoggiare il professore quando testimonia come relazioni instaurate sul web possano rivelarsi addirittura più profonde e soddisfacenti di quelle nella vita "reale", talvolta produttive e stimolanti, poichè basate su una premessa unificante: la condivisione di interessi, passioni, idee. E spesso questi "leganti" sono carenti nella quotidianità, poichè molte connessioni, obbligate o altrimenti casuali, non sono quelle giuste per noi.



Proposito per i prossimi anni: AL BANDO LA PIGRIZIA!! Armiamoci di buona volontà (lo dico più per me che altro!); non conta essere creativi quanto partecipativi; abbiamo a portata di mano l'occasione di arricchirci e di aprirci agli altri, e questo non solo in nome della missione di medico che ci auguriamo d'intraprendere, bensì in quanto uomini, consapevoli di non essere soli al modo, ma parte di una vasta comunità.

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